“Questa è una città di
persone miracolate e persone miracolose, e i più miracolosi sono gli amici del
santo col tricolore, quelli unti dalla sua benedizione.”
dal racconto “I Pregati” in Rumore di
Cicale
di Emanuele Gaetano Forte (2013, edizioni Il Foglio)
Mentre mi metto a scrivere Emanuele presenta il suo libro di racconti a Latina, Claudio sta prendendo il regionale Roma – Villa Literno, che non è un treno, è un’esperienza di vita; mia madre spalanca forse le finestre del salotto, Audrey come una sfinge fa da guardia al giardino in cui Fabrizio come sempre è all’opera e mio padre, più in là, chissà se ha messo su un pranzetto di vongole e cocci all’acqua pazza. A Formia ci sono le elezioni comunali.
Insomma, è uno di quei
momenti in cui la sensazione di stare nel posto sbagliato assurge al rango di
certezza e consola questa nostalgia provinciale solo il sole inaspettato di
Bologna, dove oggi votano per questioni di principio e di sinistra e dove pure
la mia presenza serve a poco. Ma tant’è, faccio il mio dovere come sempre,
sigaretta o penna nella mia destra, i
tetti rossi dei palazzi di fronte e fogli sterminati di matrici e improbabili
sistemi di equazioni.
E penso a casa, che è
vicinissima per post-modernità ferroviarie e lontana per mia scelta di
studente(ssa) stakanovista. Penso alla carta copiativa delle schede elettorali
e ai minuti che non passerò nella cabina, a guardare i simboli e poi scegliere
con la mia X netta, dritta; al caffè che non ho preso con mia madre, alle
chiacchiere, a cui non assisterò, di mio padre con avventori da seggio e
rappresentanti di lista, di quelli che fanno della Pedemontana tema degno dei
Massimi Sistemi.
Uno a leggere queste
righe forse riderà, ma chiunque sia nato in provincia e abbia quel poco
di sensibilità necessaria conosce a memoria la narrativa romantica del vivere
provinciale, di quell’esistenza a parte fatta di vicoli e santi patroni, e capisce
bene l’attaccamento che ti lega a quelle città piccole e sconosciute, dove il
racconto della storia arriva anestetizzato e in cui la storia sembra che non la
si faccia mai, escluse guerre e unità nazionali. Ma se ci si discostasse da
quest’interpretazione mediatica della realtà, in cui la risonanza di un evento
ne determina l’importanza, si comprenderebbe meglio il valore della costruzione
storica e politica come attività quotidiana, come evoluzione individuale all’interno
di un processo collettivo. Per questo le elezioni comunali sono importanti,
fondamentali, dico, ché il palazzo municipale è il primo contatto della gente
con lo Stato ed è il luogo dove tanto si annidano arrivismi e favori quanto invece, se la gestione della cosa pubblica è in mano a persone consapevoli del
loro ruolo, c’è davvero la possibilità di incidere sul modo di vivere della
gente, di imporre magari una cultura della cittadinanza consapevole, se non
attiva.
A Formia di lavoro da
fare ce n’è tanto e i molti che si sono rimboccati le maniche in questo tempo
sbandato lo sanno certo meglio di me, che in fondo sono più avvezza alle valige
che alle case.
Formia è al limite di due
regioni, spiaccicata dalle montagne sul mare, contraddittoria per sua natura di
confine e per miste influenze culturali: l’accento di Napoli, l’orgoglio del
sud e quel tanto di campanilismo che fa venir voglia di sentirsi Nord, o almeno Centro . Formia è un misto di malavita arrivata come un
fiume carsico e di tostissime ottantenni scettiche sull’opportunità di fare la
raccolta differenziata, di ragazzini in motorino e longevi opinionisti a fare
da guardia ai tubi di fronte Piazza
Vittoria e alla rotonda, al porto, al mare. E nonostante questo e nonostante la
noia della provincia quante persone laggiù non hanno rinunciato ad un’intransigente
resistenza culturale? Tra Enza e le sue rassegne letterarie e il piccolo mondo
moderno dei teatri figli dei fieri anni settanta della
provincia; tra jazz e artisti, fotografi e poeti e imprenditori locali; per mano e per voce
dei ragazzi che non se ne sono andati, che lì fanno i banchetti la domenica,
che lì fanno politica tutti i giorni, Formia è un posto che pullula di storia e
di possibilità, tanto che in certi momenti romantici mi piace pensare che sia per uno qualche
disegno di progresso che là è stato incarcerato Gramsci e che ancora lì hanno vissuto
Pietro Nenni e Vittorio Foa.
Le elezioni di oggi in
quella conca di burberi e di fatalisti possono voler dire tanto, in termini di
un cambio di passo culturale che permetta a quella città di uscire dal pantano
della gestione sciatta e autoreferenziale subita negli ultimi tempi. E mi
sembra positivo che ci siano tante liste e tanti candidati, pacchi di
giovani intelligenti sparsi letteralmente a destra e a manca – ma più a manca...
Mi pare il segnale che le persone abbiano ritrovato la voglia di prendere parte
ad un processo di ricostruzione dell’amministrazione e perciò spero che queste
facce pulite, a volte incazzate ma ben intenzionate, abbiano la meglio sui
carnet di voti di tanti soliti noti.
Così mi dispiace non essere Giù, non essere a casa
per una volta e questa malinconia elettorale ha un po’ a che fare col senso
civico e molto con le cronache sentimentali, ovvero con la consapevolezza
profonda che le distanze e la ricerca della mia strada e della mia libertà, non cancellano le origini, il sentimento di essere figlia di una
terra che non è meno mia perché non la abito più e i cui destini per questo mi
riguardano fortemente, come sempre.
Ilaria
Vero, tutto vero. Ma se domenica sono andato a votare esattamente con questo stato d'animo... perché adesso, dopo i risultati, il pensiero fisso è "Non cambierà mai nulla in questa città di provincia"?
RispondiEliminaCiao Ilaria!
Gianfo... perché la politica deve muoversi a dare delle risposte, a convincere, cambiando, tanti onesti disillusi. E il tuo scetticismo, o almeno il tuo dubbio, lo condivido. C'è bisogno del coraggio che spesso cozza con certe dinamiche vecchie che ancora esistono, che comunque portano voti e purtroppo influenzano i comportamenti di chi fa politica, rendendoli opachi e così allontanando chi vorrebbe una svolta culturale, un cambiamento.
RispondiEliminap.s. scusa se il tuo commento appare solo ora ma ho appena scoperto che per pubblicare i commenti devo moderarli ed era un pò che non passavo da queste parti! :D
p.s.2 ricordiamoci però che nessuno è mai del tutto uguale a un altro e a guardare bene, secondo me, c'è la possibilità di una scelta. c'è da avere fiducia, soprattutto in vista di quello che può succedere tra 5 anni se una nuova generazione di sinistra, laggiù, si decide a venire alla luce!
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